Da Milazzo a Santa Venerina, il maestro Francesco Mangiagli si racconta: “Il mio mestiere oggi è una missione, ma ho scelto la musica per passione e sono soddisfatto di ciò che ho fatto”

DA MILAZZO A SANTA VENERINA - Quante volte vi siete trovati di fronte ad un bivio, ad una scelta che avrebbe indirizzato per sempre, in un senso o nell’altro, la vostra vita e per quanto tempo ci avete riflettuto? E se quella scelta ricadesse non sulla strada più comoda, quella che darebbe più garanzie e stabilità, ma su quella più impervia e che rispecchia in pieno voi stessi e la vostra passione? Chissà quali pensieri avranno attraversato la mente del maestro Sebastiano Francesco Mangiagli, per tutti Francesco, quando da adolescente si trovò a vivere uno di questi momenti cruciali dell’esistenza umana, una sliding door che non concedeva appello né ripensamenti: la banca o la musica?

Francesco Mangiagli da piccolo

Come avrete intuito dalla parola “maestro” anteposta al suo nome la scelta è ricaduta sulla carriera musicale, troppo forte infatti è stata la passione e dunque il cuore ha prevalso sul cervello. Per arrivare fin qui, però, l’infanzia e l’adolescenza da lui vissute hanno giocato un ruolo fondamentale. Francesco Mangiagli nasce a Milazzo il 25 febbraio 1964 da papà Orazio e mamma Maria, risiedendo nel comune messinese fino all’età di 10 anni e già qui entra a stretto contatto col mondo musicale. In seguito si trasferisce ad Acireale, per la precisione nella frazione di San Cosmo, perseguendo con entusiasmo sulla strada intrapresa, per poi vivere a Stazzo, altra frazione acese, e infine a Santa Venerina, paese dove attualmente abita.

Francesco Mangiagli mentre suona il pianoforte

Inizia la sua avventura professionale con la musica come pianista, affiancando la carriera da musicista puro a quella da insegnante, ma poi amplia la sua esperienza e vive a 360 gradi la sua storia d’amore con le melodie, suonando, cantando, componendo, dirigendo orchestre e cori, in particolare fondando nel 1990 la Corale Don Antonino Maugeri, dedicata all’omonimo sacerdote a lui molto caro, e guidandola per diversi anni. Proprio grazie alla musica e al grande lavoro svolto nella Don Maugeri intensifica la sua conoscenza con Patrizia, che nel 1993 diventa sua moglie, con una cerimonia animata dalla Corale stessa all’interno della Chiesa del Sacro Cuore di Santa Venerina. Nel 1998 è per la prima volta papà, con la nascita del primogenito Orazio, mentre l’anno successivo viene alla luce anche la figlia Sonia.

Oggi Francesco è professore di tecnologie musicali in un liceo statale di Catania e nel 2022 ha deciso di riprendere le redini della Corale Maugeri a distanza di 16 anni da quando l’aveva lasciata con un obiettivo chiaro: crescere, musicalmente e umanamente, come gruppo di voci e soprattutto di persone praticando tutti insieme una passione in comune, la stessa che gli ha fatto compiere quella scelta tanti anni fa. La storia del maestro Mangiagli, però, non è tutta qui ma ce la racconta meglio lui stesso con diversi aneddoti e sfumature, in quanto ha gentilmente dato disponibilità a rispondere ad alcune domande che gli sono state poste sulle sue vicende personali, sulla sua persona e sulla sua insostituibile compagna da tutta la vita: la musica.

Formazione musicale di Francesco Mangiagli

Come nasce la tua passione per la musica?

La passione per la musica in realtà è stata una cosa casuale. Io sono nato a Milazzo e lì frequentavo, come tutti i ragazzini di quell’epoca, la parrocchia, in cui si giocava e si cantava durante la messa. Io facevo parte del coretto che c’era nella chiesa, ricordo che non c’era un organista e noi cantavamo a cappella, però quando c’erano particolari celebrazioni arrivava un sacerdote a suonare l’organo: io lo guardavo stranizzato e mi mettevo vicino a lui guardandolo con curiosità. Poi mi sono trasferito a San Cosmo, ma lì la chiesa era piccolina e non c’era quasi niente come animazione liturgica: dunque, per continuare ciò che facevo a Milazzo, mi mettevo a cantare durante la messa cercando di guidare tutti gli altri nei canti dei cori, anche se avevo appena 10-11 anni ed essendo ancora molto piccolo non avevo mai suonato l’organo. In seguito, il fratello del parroco di quella chiesa, che si chiamava Rosario Pulvirenti detto l’Avvocato perché laureato in Giurisprudenza, mi sentì cantare e si propose per farmi da padrino per la mia Cresima: inizialmente non l’avevo capito bene, ma poi mio padre mi spiegò meglio e lui diventò il mio padrino. Qualche mese dopo la Cresima, che fu a luglio, tra settembre e ottobre arrivò a casa mia un pianoforte che ancora oggi ho, ma che noi non avevamo richiesto: l’aveva preso in affitto per me proprio lui pagandomelo per tantissimi anni e io cominciai a studiare musica. Il suo intento era quello che io imparassi a strimpellare un po’ il pianoforte per poter suonare l’organo in chiesa: in realtà poi ho studiato musica in maniera approfondita, e questo lo devo a lui. Mi portò anche da Vera Politi, conosciuta ad Acireale come la signora Costanzo, che fu un personaggio importante negli anni ‘70 e ‘80 perché a casa sua c’erano tantissimi studenti di musica. Quindi io avrei dovuto fare musica per suonare in chiesa, ma poi per una casualità ho continuato a studiare”.

Chi sono stati i tuoi punti di riferimento più importanti?

Da ragazzino quando studiavo il mio punto di riferimento più importante era proprio la signora Costanzo, la mia insegnante: tra l’altro lei aveva due figlie femmine e nessun maschio, per questo io ero come un figlio per lei. Ricordo che dopo un certo numero di anni abbiamo fatto anche dei concorsi pianistici fuori, per esempio quello a Osimo, che era molto importante a livello nazionale, e lei mi pagò anche il viaggio perché aveva piacere che io andassi a fare questa cosa, quindi c’era un rapporto speciale fra noi. Successivamente sono andato a studiare da interno al Conservatorio di Catania con un altro insegnante, ovvero Carmelo Pappalardo. In realtà io non volevo andare a studiare lì perché volevo sbrigarmi e diplomarmi rapidamente, però la signora Costanzo insistette e mi incoraggiò fortemente a provare questa esperienza per farmi conoscere di più e quindi ho fatto gli ultimi due anni di studio col signor Pappalardo. Anche lui era un bravo insegnante e ho fatto tesoro degli insegnamenti che mi ha dato. Poi ho cominciato a variegare le mie conoscenze: ho studiato composizione prima con Angela Giuffrida a Catania e poi con Padre Vincenzo Modaro, che chiamavamo Padre Bernardo, a Messina. Sono stati tanti i punti di riferimento strada facendo: l’ultimo, con cui ho studiato stabilmente direzione d’orchestra, si chiama Daniele Belardinelli, un altro bel personaggio con cui, nonostante fossi in età più avanzata, ho avuto modo di crescere ulteriormente nella conoscenza di questa particolare forma di linguaggio”.

Quanti e quali strumenti suoni?

Prima ne suonavo diversi, anche se ultimamente insegnando tecnologie musicali quasi non ne suono più perché utilizzo molto il computer. In passato ne ho suonati tanti: il mio strumento principe è il pianoforte, ma questo non potevo portarlo sempre con me e così da ragazzo mi piaceva suonare altri strumenti come la chitarra oppure il mandolino, con il quale per un lungo periodo suonai per un’orchestra a plettro ad Acireale, per poi passare anche al violino. L’unico strumento che ho comprato ma poi non ho potuto suonare per problemi di condominio è stata la tromba: dava fastidio ai miei vicini, infatti mi ricordo che andavo in macchina fuori paese altrimenti rischiavo di essere linciato”.

Francesco Mangiagli mentre suona il pianoforte

Quando hai capito che potevi fare della tua passione un lavoro?

Finita la maturità. Ho sempre cercato di seguire due strade, quella dell’istruzione e quella della musica, ma a un certo punto bisogna decidere. Io mi ero iscritto all’università, in economia e commercio perché avevo fatto il commerciale, anche se era una cosa che non mi interessava particolarmente. Alla fine però ho deciso di scegliere la musica, anche in età abbastanza avanzata, cioè quando avevo circa 20 anni”.

Hai avuto degli allievi? C’è qualcuno che ti ha reso particolarmente orgoglioso?

Sì, ne ho avuti molti, tra cui alunni di pianoforte, ed alcuni oggi sono anche insegnanti. Tanti di loro mi hanno reso orgoglioso, preferisco non fare particolarità”.

Hai iniziato prima come insegnante a scuola o a fare il direttore di cori? Uno dei due ruoli ha influenzato l’altro nel tuo essere severo ed esigente con i tuoi ragazzi e coristi?

Ho iniziato a insegnare a scuola nel dicembre del 1988: avevo 24 anni e mi ero diplomato da pochi anni. In realtà avrei potuto insegnare anche prima ma non facevo domanda perché ne capivo poco di scuola e non volevo fare il supplente e mettere confusione ai ragazzi. Quasi contemporaneamente ho iniziato a dirigere dei cori, infatti alla fine del 1989, nel periodo di Natale, è nata la Corale Maugeri. Tra scuola e Corale, però, è diverso. In quest’ultima il tempo a disposizione è limitato, in quanto stiamo un’ora o al massimo un’ora e mezza a provare, quindi ci sta fare la battuta e scherzare ma se si vuole fare musica ci vuole silenzio perché se fai confusione mentre canti non riesci ad andare avanti, mentre a scuola c’è un po’ più di libertà”.

Francesco Mangiagli e sua moglie Patrizia

Come hai conosciuto tua moglie Patrizia? Quanto è legata alla Corale la vostra storia, considerato che anche lei fa parte della Don Maugeri da tantissimi anni?

La nostra storia è nata grazie a una Corale, non la Don Maugeri ma una di Santa Venerina: la Mater Ecclesiae. Quando avevo 22 anni fui chiamato a sostituire Padre Maugeri perché lui si doveva operare, dirigendo per quasi un anno questa Corale: lì cantava anche Patrizia e lì ci siamo conosciuti. Successivamente la nostra amicizia musicale è continuata, anche perché pure lei studiava musica e in alcune occasioni la aiutai a preparare degli esami di pianoforte e poi, si sa, da cosa nasce cosa. Insomma, la musica ci ha fatto conoscere e posso anche dire che le corali in generale, almeno in passato, erano un ottimo matrimonificio in quanto riuscivano a far nascere delle storie d’amore: nella nostra ci sono stati ragazzi che si sono fidanzati e anche sposati all’interno del coro, anche se poi sono andati via, e anche oggi ci sono parecchie coppie che cantano insieme”.

Orazio e Sonia, figli di Francesco Mangiagli

Hai aiutato i tuoi figli ad entrare nel mondo della musica: pensi di essere stato un esempio per loro nel seguire la tua passione? Che consigli ti senti di dargli?

Un esempio no. Il fatto è che la musica è una brutta bestia, ormai i tempi sono cambiati e trattarla da un punto di vista professionale non conviene, è meglio farla più per diletto perché è diventata un ambito molto più difficile. Sono sicuramente dei degni eredi, perché entrambi sono molto bravi a fare musica, però che la facciano per diletto: vivere di musica oggi è molto complicato. Per questo gli consiglio di tenerla come hobby, seconda attività o valvola di sfogo e su questo devo dire che mi stanno ascoltando”.

Qual è stata l’esperienza più bella della tua vita, quella che non potrai mai dimenticare? Hai qualche rimpianto o sei soddisfatto di ciò che hai fatto?

Penso che l’esperienza più bella debba ancora venire e sarà il giorno in cui andrò in pensione, anche se non dipende da me e manca ancora tanto. Scherzi a parte, non c’è un ricordo che spicca sugli altri perché tutte le cose che ho fatto sono sempre state esperienze appaganti. Sono soddisfatto di ciò che ho fatto: si arriva sempre dove si vuole arrivare e io ci sono riuscito, anzi ho fatto di più rispetto a quello che mi aspettavo”.

Francesco Mangiagli mentre dirige la Corale Don Antonino Maugeri

Tornando alla Corale, quanto è difficile imparare tutte le parti delle quattro sezioni (soprani, tenori, contralti e bassi) senza confondersi?

Si tratta di una questione di abitudine, esercizio e di maturità che col tempo si acquisisce. Ovviamente all’inizio era più complicato, quando ho cominciato con la Corale andavo più a livello intuitivo però funzionava. Poi chiaramente se si studia si ha una marcia in più, quindi bisogna avere preparazione ma anche l’esperienza gioca un ruolo determinante e pure quel pizzico di qualcosa di innato, quel guizzo di fantasia che non guasta mai. Riguardo al cantare le varie parti, io ho l’orecchio assoluto e quindi mi viene facile sentire tutti i suoni e passare da un suono all’altro, così posso aiutare tutti i gruppi. Il coro ti forma musicalmente, infatti i maestri di musica dell’Ottocento dicevano che bisogna andare a cantare nel coro: ancora oggi chiunque studi uno strumento al Conservatorio deve fare una materia che si chiama esercitazione corale, perché la voce è il primo strumento e se non sai cantare non sai suonare o dirigere un’orchestra. Il coro è superiore all’orchestra: il primo è fatto da persone che vibrano e ci mettono l’emozione, mentre la seconda ci mette sì l’emozione ma questa è esterna perché è lo strumento che suona. Quando canti sei tu e hai il diretto contatto del tuo corpo, il suono è dentro di te. Per questo chi sa dirigere bene un coro se studia sa dirigere bene anche un’orchestra. Io stesso ho cantato per tanti anni fin da piccolo, in genere come tenore ma man mano penso che passerò ai bassi perché il tempo passa pure per la mia voce”.

Come nasce l’arrangiamento di un brano?

L’arrangiamento nasce dall’esperienza: devi pensare che sei in un coro e che ognuno vuole cantare qualcosa di piacevole, quindi devi creare dei controcanti particolari. Ci vuole molta fantasia e creatività, e poi a me piace molto l’arte dell’arrangiarsi all’italiana: è bello perché devi rielaborare qualcosa che già c’è e farla diventare un’altra cosa. Puoi anche comporre dal nulla, in un certo senso ti può anche venire più facile, mentre nell’andare a fare un arrangiamento devi dargli un taglio particolare, e in genere funziona”.

Quanto tempo dedichi alla musica al giorno?

Dipende da situazioni, contesti e impegni: se ho impegni mi può occupare anche tutta la giornata, altrimenti mi dedico ad altre attività”.

Francesco Mangiagli

Quali sono i tuoi hobby?

I miei hobby sono diversi: il giardinaggio, la coltivazione di ortaggi e frutta, l’allevamento di galline per le uova, e fare il pane e la pizza”.

Che mestiere avresti fatto se non fossi diventato un musicista?

Avrei sfruttato il diploma che avevo preso al commerciale, perché avevo avuto il massimo dei voti e mi chiamarono delle banche per andare a lavorare ma non mi avrebbe reso felice e non mi piaceva, per questo non l’ho fatto, anche se forse col senno di poi avrei dovuto accettare. Sotto certi punti di vista sarebbe stato meglio fare quel lavoro: ai tempi nostri non avrei mai scelto la musica. A pensarci ho fatto una pazzia, perché avrei potuto fare carriera in ambito bancario e non avrei avuto sicuramente lo stipendio che mi danno a scuola. La professione del musicista oggi è una missione, anche se lo fai come insegnante e nel coro stesso: non è soltanto andare alle prove e dirigere, dietro c’è tutto un lavoro molto impegnativo da preparare a casa. Alla fine si fa musica non tanto per una retribuzione ma soprattutto per passione”.

 

Leave a reply